|
RELAZIONE
del CONSIGLIO PARROCCHIALE Gruppo di lavoro ambito 4° : LA
TRADIZIONE Così intesa, la tradizione diventa vita, comunione dei fedeli intorno ai
Pastori; essa diventa il nostro punto
di partenza, presenza efficace del signore Gesù che accompagna e guida
la comunità, parola e vita, continuità e testimonianza. Considerare noi stessi come staccati da ciò che ci precede significa
rendere vana la speranza del futuro e solo chi ha già sperimentato
questa presenza nella sua vita può farla nascere in noi. Ecco quindi
che la Tradizione diventa trasmissione da un uomo
che ha accolto Cristo nella sua vita a un altro uomo che lo
segue. Un testimone autorevole della Tradizione è colui che ha
conosciuto Cristo, lo ha amato, ha messo in pratica i suoi insegnamenti
e trasmette agli altri ciò che ha ricevuto e accolto. Da questo punto di vista il ruolo della famiglia costituisce il primo e
decisivo avvio di quell’azione educativa che deve vederci impegnati
nell’arco dell’intera vita e richiede un impegno costante non solo
in chi viene educato, ma anche in chi educa. La Tradizione intesa come
comunicazione dell’ideale cristiano attraverso la vita e le opere dei
testimoni, diviene necessariamente impegno missionario: annuncio che vi
è una risposta certa alle attese che noi condividiamo con tutti gli
altri fratelli. L’umanità ferita, che si allontana sempre più da Dio, può ritrovare
se stessa solo nella tradizione vivente della Chiesa, ma la tradizione
ha bisogno di ciascuno di noi per continuare la sua opera. A noi, a cui
è stata rivelata la via della salvezza, spetta il compito di
percorrerla con coraggio vivendo
le nostre attese, le nostre esigenze, le nostra domande con la
consapevolezza che solo Cristo può rispondere e verificare tutto questo
nella vita di tutti i giorni, nel lavoro, nella famiglia, nella
politica… I Gruppi di lavoro che a Verona hanno affrontato questo tema, hanno
privilegiato la questione antropologica
considerando come “prima urgenza nella trasmissione della fede
quella di intercettare, valorizzare e farsi carico delle domande, dei
problemi e delle attese degli uomini di oggi”. In questo ambito sono
stati individuati due tipi di bisogno, quello dei giovani e quello degli
stranieri. A tal riguardo il nostro gruppo ha esaminato le attività
pastorali già presenti nella nostra diocesi, sensibile da tempo a
queste problematiche. Ecco le più significative: -
la Caritas, che opera in numerose parrocchie ed è
organizzata in modo da rispondere alle prime necessità dei più deboli
ed emarginati; -
l’epicentro giovanile, centro in cui giovani a
rischio trovano accoglienza e una proposta di coinvolgimento in
attività varie: artigianato, giardinaggio…; -
mense per immigrati, luoghi di incontro e di scambio; -
una scuola per catechisti a livello diocesano per la
formazione degli educatori non solo in senso professionale e tecnico, ma
anche e soprattutto spirituale; -
pastorale familiare organizzata nelle singole
parrocchie attraverso catechesi comunitarie, centri di ascolto, corsi di
preparazione in vista della celebrazione dei sacramenti. L’elenco delle diverse iniziative ed attività potrebbe continuare
ancora per cui, più che chiederci quali vie nuove si possono
concretizzare, abbiamo ritenuto opportuno riflettere su ciò che occorre
fare per migliorare ciò che già esiste per non interrompere quella
“catena del servizio” di cui parla Papa Benedetto e che, iniziata
con gli Apostoli, continua fino ad oggi e continuerà fino alla fine del
mondo. Nel nostro gruppo abbiamo messo al centro della riflessione la famiglia,
come luogo privilegiato dell’esperienza e della testimonianza
cristiana. E’ risaputo che le famiglie oggi, sempre più fragili,
condizionate dal bombardamento dei mass media, in una società sempre
più materialista e permissiva, non
sono più in grado di trasmettere quei
valori e quella formazione che sono alla base della Tradizione, e
perciò nei giovani c’è un vuoto che essi cercano di colmare coi beni
materiali. Di qui l’invito a privilegiare la famiglia nell’attività pastorale,
magari con l’istituzione di un osservatorio permanente che consenta di
dare aiuto alle famiglie in difficoltà e che accompagni le famiglie
più giovani nel loro cammino non sempre facile. Un’iniziativa del
genere è già stata sperimentata in alcune realtà parrocchiali, ma
occorre dare ad essa continuità e, soprattutto, formare in modo
adeguato gli operatori. Le coppie che frequentano i corsi di preparazione al matrimonio non devono
essere perse di vista, così come quelle che si preparano al battesimo
dei propri figli. La parrocchia deve anche farsi carico dell’educazione dei giovani, ma
nel fare questo deve tenersi lontana da uno sterile attivismo che porta
i giovani a impegnarsi in tante iniziative senza dare ad essi
l’opportunità di scoprire il vero senso della vita, senza capire fino
in fondo il significato di ciò che fanno. I tanti momenti di catechesi
non sono vissuti come occasione di confronto, ma in modo passivo e
superficiale, e questo anche a causa della scarsa testimonianza offerta
talvolta da chi fa catechesi. Riteniamo perciò fondamentale insistere
sulla formazione personale e comunitaria dei catechisti. Come suggerisce
il santo Padre, la Parola ha bisogno della persona per essere presente,
ma la persona è legata alla Parola e di essa si deve nutrire per essere
testimone credibile. In conclusione pensiamo che i tre punti fondamentali su cui soffermarsi
nell’ambito della Tradizione siano la famiglia, i giovani, la
formazione dei catechisti, fermo restando che ognuno di noi deve essere
in prima persona “Testimone del Signore Risorto”. Sono aspetti non
nuovi e su di essi si è già lavorato, ma occorre migliorare la
qualità degli interventi, renderli costanti nel tempo, soggetti a una
continua verifica, che deve coinvolgere i laici , ma anche i consacrati,in
comunione con le altre realtà presenti nel territorio. |