Sito della Parrocchia  San Nicola - Via Fiani -  Torremaggiore (FG)
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PARROCCHIA SAN NICOLA

TORREMAGGIORE

CATECHESI COMUNITARIE MENSILI: I SETTE VIZI CAPITALI

 

LUSSURIA

Il vocabolo “lussuria” deriva dal latino luxus (da cui deriva anche lusso) che come sua prima accezione rimanda a un “eccesso”, a una “esuberanza” che orienta già verso un’eccedenza, un’esagerazione e quindi un’incontinenza.

Alla radice della morale biblica c’è il duplice precetto del Decalogo: “Non commettere adulterio… Non desiderare la moglie del tuo prossimo…” (Es 20,14.17). Desiderio in ebraico è hamad che evoca non una generica pulsione istintiva, ma la vera e propria scelta progettuale del desiderio. Siamo di fronte ad una macchinazione, a un intrigo congegnato con cura.

San Gregorio Magno, nel suo commento morale a Giobbe, ci ricorda che la lussuria ha otto figlie: “accecamento della mente, irriflessione, incostanza, precipitazione, amore di sé, odio di Dio, attaccamento al mondo presente e disperazione per il mondo futuro”.  Se ne deduce che la lussuria comporti qualcosa di più del semplice atto fisico sconcio.

Infatti, sant’Agostino nella sua opera la Città di Dio (12,8) affermava che: “la lussuria non è il vizio dei corpi belli, ma dell’anima perversa”.

Dante riserva ai lussuriosi il secondo cerchio dell’inferno e la settima cornice del purgatorio, affermando  che “l’incontenenza, la malizia e la matta bestialitade” sono le “disposizion che’l ciel non vole” (Inferno XI 81-83).

Alla radice della lussuria c’è una triste deformazione e umiliazione di quella grandiosa qualità umana che è la capacità di amare.

Colui che è avvolto dallo spirito di fornicazione considera il proprio corpo e quello dell’altro come semplice materia, privo di anima e di spirito. La persona che si chiude nella sfera della pura natura riduce l’altro a oggetto e a oggetto per sé. La lussuria imprigiona l’uomo nel suo proprio; lo confina nello spazio della sua sensualità carnale e lo allontana dall’orizzonte dell’amore e dello spirito.

 La lussuria è legata all’immaginazione: i latini la chiamavano evagatio mentis; ma a volte un continuo vagare rischia di rendere stranieri a se stessi e di impedire un autentico e personale incontro con l’altro. In tal caso è necessario non far finta di niente, ma prendere coscienza rendersi conto della profondità di questo fantasticare, per cominciare a comprendere ciò che si agita nel profondo del cuore.

La lussuria è legata all’attaccamento: è necessario osservare ed esaminare il nostro stile di attaccamento agli altri, in particolare a coloro con cui condividiamo la vita quotidiana. È necessario chiedersi se il proprio relazionarsi si muove verso un cammino di autonomia e di rispetto dell’altro, oppure se trova delle difficoltà e si muove nella continua paura di essere abbandonati dall’altro.

Nella vita spirituale la lussuria produce almeno tre effetti:

  1. Oscura lo spirito, l’intelligenza, la coscienza con la conseguente capacità di giudizio.
  2. Sposta l’attenzione da Dio a se stessi, perché con la lussuria l’uomo fa della sua voluttà un idolo.
  3. Ogni essere umano è un mistero che può essere conosciuto in pienezza solo per rivelazione. L’uso distorto della sessualità riduce il mistero, che abita ogni uomo e donna, a semplice materia; quindi è violata la profondità dell’altro che invece rimane un puro oggetto di consumo.

Dal vangelo di Giovanni (8,1-11)

Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo al tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e dissero: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di che accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?” ed ella rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”.

 La virtù che si oppone alla lussuria è la castità. Il termine casto da “castus” rimanda ad un’altra parola “incesto” (in-castus), il non casto.

Il non casto in radice è l’incestuoso, ossia colui che non crea la relazione, ma la fusione con l’altro. Il casto, al contrario, vive le sue relazioni accettando la distanza e rispettando l’alterità dell’altro. Pertanto, la castità è una virtù per tutti e non solo per i consacrati. Tutte le volte che ci relazioniamo col l’altro/a non riducendolo ad oggetto, ma riconoscendone la profondità ed il mistero che si porta dentro, allora stiamo vivendo la castità.

 Indicazioni per vivere la castità: la custodia del cuore; amare l’altro nella sua totalità; crescere nell’amicizia; leggere la Sacra Scrittura.

 a cura di don Angelo

                                     

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