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ARROCCHIA SAN NICOLA

TORREMAGGIORE

CATECHESI COMUNITARIE MENSILI: I SETTE VIZI CAPITALI

 

AVARIZIA

Un vocabolo che per assonanza evoca il verbo avere. L’avarizia è un desiderio insanabile ed insaziabile. Ma se il desiderio è qualcosa che viene de sideribus, dalle stelle, ossia dall’infinito e tende all’infinito, è ovvio che il desiderio dell’avarizia non verrà mai soddisfatto perché quella dell’avarizia è una ricerca quantitativa.

Qoelet 5,9 scrive “Chi ama il denaro, mai si sazia di denaro”. L’illusione dell’avarizia è quella di colmare un infinito attraverso realtà finite, ma tante cose finite, sommate, non possono dare mai come risultato l’infinito.

S. Tommaso d’Aquino dirà che “l’avarizia non si deve intendere come amore solo dell’argento o della moneta ma di tutte le cose che sono desiderate senza moderazione”.

Di ogni proprietà l’avaro non si preoccupa della finalità che può avere, ma si accontenta che sia “privata”  (dal verbo “privare”, togliere agli altri).

[L’avaro è uno che priva: quando priviamo gli altri di qualcosa che si meritano, siamo avari; quando priviamo gli altri delle gioie; quando priviamo gli altri dei nostri doni interiori…]

 

Lc 16,13 Dio o Mammona (questo vocabolo di origine aramaica contiene la stessa radice di amen)

“Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza”.

 

Lc 12,15-21: “E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e divertiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

 

Colui che ha assegnato alla ricchezza il primato assoluto è convinto che si possa comperare anche la morte, o s’illude di poter comprare l’amore. Ma il salmista risponde Sal 48,8-10.13.17-21:

8Certo, l’uomo non può riscattare se stesso / né pagare a Dio il proprio prezzo./ 9Troppo caro sarebbe il riscatto di una vita:/ non sarà mai sufficiente/ 10per vivere senza fine/ e non vedere la fossa./ 13L’uomo con la ricchezza non può durare,/ è simile agli animali che periscono./ 17Non temere se un uomo arricchisce,/ se aumenta la gloria della sua casa./ 18Quando muore, infatti, con sé non porta nulla/ né scende con lui la usa gloria./ 19Anche se da vivo benediceva sé stesso:/ “Si congratuleranno, perché ti è andata bene”./ 20andrà con la generazione dei suoi padri,/ che non vedranno mai più la luce./ 21Ma l’uomo nella ricchezza non capisce,/ è come gli animali che periscono.

 

Dante ha assegnato agli usurai uno de cerchi infernali più profondi, il settimo, dove si aggirano sotto una pioggia di fuoco reggendo appese al collo le borse dei guadagni infami ottenuti, recanti lo stemma delle loro famiglie (Inferno XVII, 44-78).

 

Scriveva il Machiavelli nel cap. XXII del Principe (1513): “Gli uomini dimenticano piuttosto la morte del padre che la perdita del patrimonio”.

Il poeta latino Publilio Siro scriveva nelle Sentenze: “Inopiae desunt multa, avaritiae omnia”, alla povertà mancano molte cose, all’avarizia tutte.

 

Il contrario è la generosità: la vedova che mette due spiccioli, tutto quanto aveva per vivere (la generosità non dipende dall’avere tanto, ma dall’avere un cuore grande).

Generosità: la radice è “generare”= che è dare vita, suscitare vita; ogni gesto di generosità riaccende un po’ di vita in chi lo riceve, ma anche in chi lo compie.

 a cura di don Angelo

                                     

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